Pep’s, quando smash burger fa rima con rosa shocking

Smash burger in un food truck? Sì, e sono i primi. Il risultato è uno dei migliori hamburger sulla piazza. A un ottimo prezzo, oltretutto.

Prendi un giovane pieno di passione, di quelli che si sono fatti tutta la gavetta del caso. Mettici il “manico” per esaltare le materie prime al meglio. Spruzzaci sopra una generosa mano di rosa shocking ed ecco Pep’s, il food truck più appariscente di tutto l’alto vicentino, nonché il primo a proporre gli smash burger in Italia. «Il grafico mi aveva proposto di farlo nero con le scritte rosa. No, io lo volevo TUTTO rosa, come il mio cognome» ci racconta – per l’appunto – Matteo Rosa, il fondatore di Pep’s.

Matteo è giovane, ma con già una solida esperienza sulle spalle. Ha lavorato per anni in varie cucine, nel mondo del barbecue e della macelleria. Con Federico Dal Lago ha imparato a lavorare la carne, carpendone i segreti.

Lo smash burger

Innanzitutto il suo prodotto bandiera, lo smash burger. Si tratta di una palletta di carne macinata che invece di essere sformata a disco e poi messa in piastra, ci viene letteralmente schiacciata a forza sopra. La pressione esercitata sul metallo rovente ha effetti deliziosi: «questo ci permette di avere hamburger più sottili e ben cotti, ma al contempo incredibilmente succosi, con una crosticina perfetta sull’intera superficie, molto più presente che su un hamburger cotto in maniera tradizionale, nel quale la crosticina è solo qualche macchietta sulla superficie, dove la carne tocca la piastra.», spiega Matteo.

Non solo, questa tecnica basata su calore intenso e pressione meccanica permette cotture rapide, perfette per un food truck dove la piastra è di dimensioni contenute e gli avventori aspettano in piedi, affamati. Come ci ha raccontato Matteo, «siamo stati il primo food truck dedicato al vero smash burger, fatto con la tecnica giusta e abbinato a un autentico potato roll, l’originale pane americano».

La filosofia di Pep’s

Sulla carne, da Pep’s hanno fatto una scelta in controtendenza: niente angus, chianina o wagyu, come va tanto di moda. «Il nostro segreto non è la carne in sé, è la ricetta», ci racconta Matteo. «Abbiamo scelto tagli poveri ma molto saporiti, valorizzandoli al centomila per cento. Questo è possibile solo se conosci davvero la materia prima con la quale lavori. Non mi interessa dire “il nostro hamburger è più buono perché è di angus”. Il nostro hamburger è buono perché l’abbiamo studiato in maniera che sia buono. Niente fuffa».

Hai voglia a dargli torto. Sono bravi tutti a fare hamburger piacevoli da mangiare facendosi pagare 12, 15 o 18 euro a panino, patate escluse. E poi non è nemmeno scontato che ci riescano: spesso e volentieri la qualità che si ha in cambio di un costo elevato è deludente. Carne che appare bollita nella propria acqua, oppure granulosa e stracotta. O ancora con il pane che si inzuppa e si sfalda, o di converso troppo tenace, tanto da far scivolare via gli ingredienti come saponette. Per non parlare di abbinamenti roboanti dal punto di vista del marketing ma che poi, sotto sotto, non funzionano.

La formula che Matteo ha cercato per Pep’s, invece, va oltre l’inflazionato mondo dei panini gourmet e va a incunearsi in una fascia di prezzo alla portata di tutti, troppo spesso lasciata scoperta, soprattutto nell’alto vicentino. Lo fa con un prodotto che non ha nulla da invidiare ai concorrenti più blasonati (e magari con una cucina grande dieci volte il suo truck).

«L’idea ce l’avevamo da un pezzo, ma inizialmente si pensava a un locale. Poi un rappresentante ci ha parlato di una realtà nel milanese che aveva fatto il botto con un food truck e ci ha dato l’ispirazione. Abbiamo cominciato a studiare il business plan e – complice la pandemia e le limitazioni al chiuso – più ci mettevamo la testa e più aveva senso».

Una storia che viene da lontano, quindi: Matteo ha cominciato con larghissimo anticipo a mettere in piedi una strategia social dedicata, che è partita molto prima che il primo scontrino venisse battuto. Il logo di Pep’s infatti cominciò a girare sui social vari mesi prima dell’inaugurazione ufficiale, creando grande curiosità tra gli appassionati.

La proposta

Pep’s si concentra su tre varianti di panino con hamburger più una proposta con il pollo. Si possono avere con uno, due o tre “piani”. Oltre al panino con il pollo fritto c’è lo special, con bacon e jalapeños; lo smoked and crispy, con bacon e salsa smoked; e il cheese, ovvero il classico cheeseburger. Quest’ultimo è un evergreen, motivo per cui noi di Assaporami lo abbiamo scelto come benchmark per l’assaggio.

Il menù è relativamente ristretto, quindi. Una scelta più che comprensibile, visti i compromessi necessari per lavorare dentro a un truck, ma c’è anche il rischio di annoiare i clienti abituali. A tal proposito, una chicca per i lettori di Assaporami: Matteo ci ha anticipato che a breve cominceranno i fuori menù, esperimenti gastronomici made in Pep’s che a rotazione soddisferanno le papille gustative di tutti i clienti.

Si tratta di panini “collab”, come li ha definiti Matteo, le cui ricette saranno studiate insieme a celebri chef della zona ed esperti del mondo food, ma non solo: «stiamo mettendo a punto un panino con la collaborazione di una nutrizionista». Matteo ci tiene a sottolineare un aspetto, sempre nella filosofia Pep’s della massima trasparenza: «non si tratterà di un panino strettamente “light” – da che mondo è mondo carne e formaggio insieme non sono certo il massimo – ma un panino che prevede gli abbinamenti giusti dal punto di vista nutrizionale. Per fare un esempio, probabilmente sarà di maiale»

E per i vegani?

«Ci piacerebbe molto realizzare un panino vegano, perché vogliamo bene a tutti, ma non vogliamo prendere in giro nessuno: sì, potremmo cuocere degli ottimi hamburger vegani, ma su una piastra dove un istante prima sfrigolava il bacon. Non ci sembra corretto».

L’assaggio

All’esame visivo i patty si presentano sottili e con una marcata crosticina superficiale, com’è giusto che sia per uno smash burger, la cui particolarità sta nel garantire cedibilità al morso e succosità, altra promessa mantenuta. La percentuale di grasso è adeguata e dà la giusta opulenza. La grana dell’impasto è fine al punto giusto: il morso è facile, ma non passa mai per la testa l’idea di mangiare una polpetta invece di un hamburger.

In bocca il sapore è molto potente: manzoso e intenso, con un umami spiccato, grazie anche all’abbondante dose di cheddar. La possente reazione di Maillard regala profumi da far girare la testa.

La domanda sorge spontanea: va bene la filosofia di prediligere tagli gustosi senza preconcetti sulla razza, ma la carne da dove arriva? «Abbiamo provato tantissime macellerie e alla fine siamo tornati all’ovile, le Macellerie Dal Lago di Caltrano, con cui ho collaborato per molto tempo».

Qui si spiegano molte cose. Quando si parla di carne Federico Dal Lago è un esperto riconosciuto. Tiene corsi, fa parte della nazionale italiana macellai ed è fornitore di importanti squadre di bbq competitivo a livello europeo. Esperto di dry aging spinto (è divenuta virale sul web la sua costata frollata per 1262 giorni), collabora anche con Marco Agostini, punto di riferimento nel bbq italiano e nella cucina scientifica. Sì insomma, mica il primo macellaio che passa per strada.

Torniamo all’assaggio.

Il bun, la pagnotta, è di eccellente qualità, con una consistenza in grado di mantenere la struttura del panino senza inzupparsi con i succhi degli ingredienti, restituendo al contempo una cedevolezza al morso perfetta pur avendo un impasto solido e non eccessivamente arioso.

«Si tratta di un potato roll, un tipo di pane fatto con le patate, molto diffuso negli Stati Uniti ma impossibile da trovare da noi» ci racconta Matteo. «Subito volevamo farlo in casa, abbiamo provato mille ricette ma non erano mai soddisfacenti al cento per cento. Poi abbiamo provato con dei fornai esterni ma anche lì nessuno è stato in grado di replicare l’originale potato roll. Finché sul mio Instagram mi ha scritto Mr Dobelina: sono dei ragazzi di Vicenza maniaci per gli hamburger come noi, che hanno messo in piedi un’azienda che produce il vero e originale potato roll, proponendoci di provare il loro pane. Ce l’hanno mandato ed era perfetto.».

La dimensione del panino non è esagerata, sta comodamente in mano e può essere mangiato per strada con facilità. Ma non si pensi che la quantità non sia sufficiente a saziarsi: la densità di ingredienti è elevata, il pane consistente e, a differenza di varie hamburgerie gourmet, qui le patatine fritte sono comprese nel menù, così come la bibita (la birra ha un piccolo sovrapprezzo, poca roba).

Qui si apre una scelta per l’avventore. Come dicevamo in apertura, i panini si possono ordinare a uno, due o tre piani. È una formula azzeccata: un piano quando non si ha troppa fame, mentre due piani saziano abbondantemente per un normale pasto. Quando si vuole esagerare si va col tre piani. Attenzione però: cambiando il rapporto tra quantità di pane e quantità di ingredienti, sul tre piani la sapidità si fa sentire molto. Assicuratevi di avere liquidi in abbondanza prima di affrontarlo.

Con un esordio così esplosivo e una formula replicabile su larga scala, viene da chiedersi quali siano i piani per il futuro per Pep’s. «Non dico che il prossimo truck sia già in cantiere, ma quest’inverno cominceremo a metterlo a budget e per l’estate prossima potrebbero esserci novità».

Che sia l’inizio di un’avventura imprenditoriale di successo? Noi di Assaporami ce lo auguriamo, e facciamo un grande in bocca al lupo a Matteo e a tutto il suo team.

Classe '83, nato e cresciuto nel profondo nordest. Scrivo, tanto, di tutto. E cucino, tanto, di tutto. Sono dannatamente curioso, sempre alla frenetica ricerca di nuove tecniche da testare. Amo la tradizione, soprattutto quando viene stravolta: non c'è innovazione senza contaminazione.