Uova di montagna: dove le galline felici producono le uova degli chef stellati

Circa una settimana fa, il team di Assaporami ha raggiunto l’Altopiano di Brentonico per raccontare una nuova storia del nostro progetto Storie d’impresa, quella di Uova di montagna. Qui, tra le montagne trentine, Giovanni Tava ha ideato un nuovo approccio per allevare le galline in modo naturale, nel rispetto dell’etologia dell’animale.

Tra i castagni secolari dell’altopiano, le galline di Uova di montagna vivono all’aperto, si rifugiano in chalet con posatoi, giocano con l’altalena, si riparano all’ombra degli alberi: insomma, vivono la loro vita come la natura l’ha pensata.

Leggete l’intervista per scoprire il segreto di queste uova e guardate il video YouTube per approfondire.

Come nasce Uova di montagna?

Nasce nel 2016, sulle spiagge del Lago di Garda. In quel periodo mi ero preso un anno sabbatico, non stavo passando un momento facile nella mia vita. Le giornate passavano tra windsurf e chiacchiere con albergatori e ristoratori del lago. Era pieno di turisti dal Nord Europa che sono grandi amanti delle uova, soprattutto a colazione. Ho iniziato a notare che in Italia non è facile arrivare a uova provenienti da una filiera naturale, fatte con consapevolezza e coscienza o comunque con un’attenzione vera al prodotto. Da qui è nata l’idea embrionale di quello che poi sarebbe diventato Uova di montagna. Ed è iniziata l’avventura: ho studiato tanto, cercando di capire cos’è la gallina e quali i suoi bisogni più naturali. Mi sono avvalso di consulenti con l’obiettivo di creare il paradiso delle galline, il miglior habitat dove potessero vivere.

Ci racconti il metodo di allevamento di Uova di montagna?

Siamo nati come biologici, ma poi ci siamo orgogliosamente tolti: non ci riconosciamo in questo approccio. Non seguiamo nessun disciplinare se non il nostro. Alleviamo in gruppi da non più di 140 animali, per mantenere il becco integro. La gallina è un animale da branco e gli studi ci dicono che il gruppo di una gallina non può essere superiore ai 150 animali. Infatti sopra questo numero, la gallina non riesce a riconoscere la gerarchia tra i membri e quindi ogni mattina deve lottare per capire il suo posto e quello degli altri. È il motivo per cui in tutti gli altri allevamenti il becco viene spuntato. Questo è stato uno dei cardini della nostra azienda: avere l’animale il più integro possibile, nel rispetto della sua etologia, facendo in modo che sviluppi la sua vita naturalmente. 

Abbiamo poi inserito degli alberi da frutto, autoctoni del luogo, e all’interno degli chalet dove dormono abbiamo riprodotto un posatoio. Per via della volpe non possiamo tenere le galline all’aperto di notte e il posatoio riproduce il dormire sugli alberi: gli animali che dormono più in basso sono anche quelli che sono più in basso nella gerarchia (e sono quelli che hanno meno probabilità di tramandare la specie).

La nostra idea di allevamento è semplice: cerchiamo di abbracciare di più l’etologia e la naturalità della gallina.

C’è stato un momento in cui hai capito che Uova di montagna stava avendo successo? 

Appena abbiamo realizzato il primo allevamento ci siamo resi conto di avere in mano una cosa che non c’era sul mercato: non esistevano uova con una qualità così alta. Per far sì che questa qualità venisse riconosciuta siamo andati da dei professionisti della materia prima. Li abbiamo individuati negli chef stellati e i nostri primi clienti sono stati gli Alajmo delle Calandre (tre stelle Michelin) e Damini Macelleria & Affini di Vicenza (una stella Michelin). Con loro si sono creati dei legami molto belli, sono tuttora clienti e ci hanno presentato ai loro colleghi e amici chef. Per noi quello è stato l’inizio del sì. Non so dirti il momento esatto in cui Uova di montagna “ce l’ha fatta”, probabilmente non è ancora arrivato. Adesso siamo distribuiti su tutto il territorio nazionale e siamo presenti sul mercato di Hong Kong, Macao e Dubai. 

Qual è stata la sfida più grande affrontata finora con Uova di montagna?

In questo momento, nel 2022, non posso che rispondere la pandemia. A Marzo del 2020 il 93% dei clienti che erano in ristorazione una magnifica sera hanno chiuso. E le galline non hanno l’interruttore, quindi noi non potevamo fermarle. 

L’altra sfida grande, più personale, è stata mettersi in gioco in un territorio che non era assolutamente il mio. Al di fuori di alcuni gatti domestici, a casa non ho mai avuto animali: sono dovuto partire proprio da zero, studiando. A scuola non mi piaceva troppo studiare, mentre ora mi fa piacere: amo approfondire gli studi sulla gallina e scoprire come migliorare sempre il loro allevamento. Non si smette mai di crescere: sarà brutto il giorno in cui smetteremo di farlo.

Quanto è importante la comunicazione per Uova di montagna? 

Come dicevo, non si smette mai di crescere e nella comunicazione, devo dire, ci siamo sempre arrangiati e credo si veda. Fin da subito abbiamo attratto molta attenzione e giornali e TV ci hanno dato l’opportunità di raccontarci. Per noi la comunicazione è fondamentale: non siamo un prodotto da scaffale o da supermercato e quindi non siamo vendibili con mezzi come la pubblicità della Mulino Bianco. Siamo un prodotto che ha bisogno di concretezza e quindi ha bisogno di una voce che porti a un orecchio un’esperienza, un percorso. Questo passa dallo chef e quindi dal cameriere che porta in tavolo l’uovo di montagna e racconta ogni volta al suo cliente un pezzettino di Uova di montagna, oppure dal banconista della gastronomia. 

Oggi, come sappiamo perfettamente, abbiamo quest’arma incredibile che è Internet che è a portata del cliente. Ci piacerebbe inserire dei QR Code sulle scatole delle uova che rimandino a una webcam nell’allevamento. L’idea è far sì che chi mangia le nostre uova possa osservare da dove nascono. Qualche anno fa sarebbe stata fallimentare: i QR Code non avevano avuto successo. Ma la pandemia ci ha abituati a usarli quotidianamente.

Ritengo che la comunicazione più è plurale meno rischia di cadere nel falso. La linea editoriale di Mulino Bianco è la stessa da anni, racconta in modo netto e preciso un sacco di sciocchezze. La linea editoriale di Uova di montagna – che purtroppo ancora non esiste perché al momento non siamo così organizzati – vuole essere un insieme di informazioni: un’intervista con una rivista, una con un blog, un incontro con un uno chef poi raccontato sui social o i giornali e la TV. Vuole essere il più plurale possibile per raccontare una realtà semplice: noi siamo semplici produttori di uova, allevatori di galline nella maniera più naturale possibile. Non stiamo facendo nessuna cosa fantascientifica, stiamo cercando di attenerci alla naturalità dell’animale.

Su cosa state lavorando ora? Cosa aspetta in futuro a Uova di montagna?

Stiamo lavorando su più fronti. Prima di tutto cerchiamo di soddisfare tutti i nostri clienti. Per bravura e fortuna (ci vogliono entrambe) al momento non riusciamo a rispondere a tutte le richieste e vogliamo riuscire a farlo continuando a rispettare la nostra idea di allevamento, senza snaturarci.

Stiamo inoltre lavorando a un progetto che mi sta molto a cuore. A settembre 2021 è stata normata una legge che permette di utilizzare le larve di insetto nell’allevamento dei monogastrici (quindi galline, suini e tutto il mondo ittico). Ci stiamo adoperando con tutti noi stessi per portare le larve nell’alimentazione delle nostre galline che, per loro natura, non sono vegetariane, hanno bisogno di proteine animali. Abbiamo creato un’ATS [azienda temporanea di scopo, ndr] e in due anni di ricerca vorremmo riuscire a realizzare un mangime per le galline in cui la soia sia sostituita dalle larve di insetto. E vogliamo farlo aiutando tutto il sistema mondo, a partire dalla creazione del substrato in cui la larva vive e prospera. Quindi prendiamo la trebbia della birra, la sansa dell’olio o lo scarto del succo di mela. Con questo progetto vogliamo prendere gli scarti, renderli mangimi per i nostri animali, ridurre l’utilizzo di soia la cui coltivazione, per la grande richiesta, devasta gli ecosistemi. L’idea è chiudere questo cerchio, riutilizzando lo scarto dell’agroalimentare per creare un nuovo mangime che porti ancora più in alto la qualità del nostro prodotto, in modo naturale.

Storie d’impresa è un progetto di comunicazione a 360 gradi di Assaporami Agency: raccontiamo storie di chi ce l’ha fatta nel mondo del food tramite articoli, video su YouTube e i nostri profili social. Sei un ristoratore e vorresti raccontarci la tua storia? Scrivi a [email protected]: troveremo la giusta formula per te!

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Scrivo, leggo e comunico. Appassionata di comunicazione e digital da sempre, mi guardo attorno a 360 gradi per imparare linguaggi nuovi da unire insieme per creare nuove strategie. Sono nata in Umbria, ho studiato in Trentino e ora vivo in Veneto. L’Italia intera è la mia casa di cui amo raccontare le eccellenze, non solo gastronomiche.