Cocktail e cinema: cosa bere e guardare durante il Festival di Venezia

Cocktail e cinema

Questa settimana i riflettori del mondo dello spettacolo sono tutti puntati sul nostro Veneto, a Venezia. Sì, perché dal 31 agosto al 10 settembre si tiene al Lido la 79ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, profanamente conosciuta come Festival del Cinema di Venezia

Dieci giorni di grandi produzioni, tra film, serie tv e documentari, e di tappeti rossi imperdibili. Basti pensare che quest’anno, tra gli altri, il Festival ha portato a Venezia divi come Julianne Moore, Monica Bellucci, Penelope Cruz, Harry Styles e Timothée Chalamet.

Per celebrare quella che da alcuni anni è ormai diventata una delle occasioni più glamour del jet-set nostrano, Assaporami vuole offrirvi un menù alla carta di cocktail celebri con cui accompagnare le vostre serate. Che quella tra alcool e cinema sia un’accoppiata vincente, ce lo dimostrano i cinque grandi film che abbiamo abbinato alla nostra selezione: tutte pellicole che hanno fatto parlare di sé alle ultime edizioni del Festival di Venezia. E se volete sentirvi un po’ divi anche voi, sorseggiando champagne come Marylin o degustando un buon whisky con aria blasé à la Bill Murray, vi assicuriamo che non serve per forza arrivare fino a New York o a Tokyo. Perché, oltre a una buona selezione di drink e di film, vi consigliamo anche dove potete andare a bere.

Si spengono le luci in sala e il ghiaccio tintinna nei bicchieri. Non ci resta che augurarvi buon Festival e… di bere responsabilmente.

Un Vesper per la vostra Ultima notte a Soho

Il Vesper non ha bisogno di presentazioni. Si tratta di un cocktail leggendario che unisce al gin dry e alla vodka un vermut secco dal profumo floreale e sentore agrumato, il Lillet Blanc. A guarnire il tutto, troviamo il caratteristico ricciolo di buccia di limone. La tradizione vuole che sia stato ideato a Londra per lo scrittore Ian Fleming, che ne rimase così impressionato da inserirlo nel suo romanzo Casino Royale.

Al di là dell’aggiunta della vodka, la particolarità che distingue il Vesper dal più classico Martini Dry è che gli ingredienti non vanno mescolati, ma shakerati. È questo che garantisce al cocktail, una volta versato nel tipico bicchiere dalla forma conica con il gambo lungo, di mantenere il caratteristico aspetto lievemente torbido e una temperatura più bassa.
Il Vesper ha conservato negli anni un’aura di altri tempi, e per questo non stupisce trovarlo tra le mani della splendida Anya Taylor-Joy in Ultima notte a Soho, fuori concorso a Venezia 2021. Questo thriller psicologico ci catapulta insieme alla protagonista Eloise, interpretata da Thomasin McKenzie, nella Londra degli anni Sessanta, sulle tracce di una misteriosa ragazza di nome Sandie. Sarà proprio il Vesper a segnare l’ingresso di Sandie nel mondo delle ballroom prima e dei bassifondi poi, come simbolo di un mondo cristallino eppure torbido di perdizione.

Un Negroni per Jackie

Il Negroni è forse uno degli aperitivi italiani più celebri al mondo. In un bicchiere old-fashioned vanno mescolate on the rocks tre parti uguali di vermut dolce, Campari e gin. Si guarnisce infine con una mezza fetta d’arancia. Il risultato è un mix equilibrato di sapori: quello delle note erbose del vermut, il gusto dolceamaro del bitter e la corposità del gin. Un aperitivo intenso, tanto che il cuoco Anthony Bourdain, raccontando a Maxim un incidente alcolico a base di Negroni, lo definisce forte come un treno merci.

Anche il Negroni, come ogni cocktail che si rispetti, ha la sua storia leggendaria. Nasce a inizio anni Venti a Firenze, grazie al conte Camillo Negroni. Di ritorno da un viaggio a Londra, il conte decise di omaggiare la patria del gin prendendosi una piccola licenza poetica con la ricetta dell’Americano. La soda venne così sostituita dal famoso distillato a base di ginepro, e tra gli altri avventori del bar Casoni di Firenze diventò prassi affermata chiedere cocktail “alla maniera del conte Negroni”. Il resto è storia.
Tra i più celebri estimatori di questo aperitivo ricordiamo la first lady Jacqueline Kennedy, protagonista di Jackie, in concorso a Venezia 2016. Il film, diretto da Pablo Larraín, racconta i giorni tragici dell’attentato a JFK dal punto di vista della moglie, che si trova intrappolata tra il ruolo di vedova nazionale e compagna abbandonata. Nella spaccatura tra la vita privata e l’apparenza pubblica trova spazio il dolore e, come vedrete, anche il vino e i liquori.

Birdman o le imprevedibili virtù del Bloody Mary

Non esistono due Bloody Mary uguali. Perché la forza di questo cocktail sta nell’estrosità delle sue rivisitazioni, e nella perizia di chi lo prepara. È vero che non si possono tralasciare alcuni ingredienti essenziali, cioè la vodka, il succo di pomodoro, il tabasco, la salsa Worcestershire, il pepe e il sale di sedano. Poi, però, ognuno può aggiungerci del suo. L’importante è scegliere ingredienti di ottima qualità, e non shakerare troppo violentemente per non alterare la viscosità caratteristica del pomodoro.

Le origini del Bloody Mary, comparso negli anni Venti, sono controverse. Qualcuno attribuisce la paternità a Fernand Periot, barman di un locale parigino. Il nome, in questo caso, si dice ispirato a Mary Stuart la Sanguinaria o, alternativamente, a Mary la cameriera del Bucket of Blood, bettola di Chicago specializzata in alcool illegale e scazzottate. Altri, al contrario, collocano la nascita del Bloody Mary negli States. Si pensa che sia stato creato accidentalmente in un’occasione mondana, mescolando ingredienti a caso per coprire il gusto pungente della vodka. Il nome, poi, sarebbe nato da una battuta di Mary Warburton, che in quel frangente si riferì a se stessa come “Bloody Mary” dopo essersi sporcata la gonna di pomodoro.


Quel che è certo è che il Bloody Mary è un drink fuori dagli schemi, e lo sapeva bene Raymond Carver, celebre scrittore americano e bevitore compulsivo. Per Carver questo drink, arricchito da gamberi, rafano e salamoia di cetrioli, rappresentava un pasto completo, oltre che una presenza costante nei momenti più importanti della sua vita. Esattamente come Carver è presenza fantasmatica essenziale in un film di Alejandro González Iñárritu in concorso a Venezia 2014, Birdman – o (Le imprevedibili virtù dell’ignoranza). Certo, nel film – che tratta delle sorti di Riggan, un divo di Hollywood trapiantato malamente a Brodway – del Bloody Mary non c’è traccia, ma lo spettro dello scrittore è ovunque. E chissà che sopra il tovagliolino da cocktail che Carver aveva regalato al giovane Riggan non ci fosse proprio un Bloody Mary.

Un caso di Lost in translation: l’Highball

Definire l’Highball come cocktail sarebbe improprio; infatti, si tratta piuttosto di una categoria di long drink. Per potervi rientrare sono necessari quattro elementi: un distillato (whisky, gin, brandy, …), una bevanda carbonata (soda, tonica, ginger ale, …), ghiaccio e l’uso di un bicchiere molto alto e stretto, detto appunto highball. Il pregio di questo tipo di drink è che dà la possibilità di gustare liquori molto corposi in una forma più leggera, ossia quella “allungata”.

L’Highball fa la sua comparsa nelle guide di settore a fine Ottocento negli Stati Uniti, generando il solito contenzioso sulla sua paternità. Ma molto probabilmente era già noto in Inghilterra da molti anni; basti pensare che l’etimologia rimanda direttamente ai golf club inglesi, in cui “prendere un ball” significava bere del whisky in bicchiere alto. La versione che vi consigliamo, perciò, non può che essere il Whisky & soda, composto da due shot di liquore versato sui cubetti di ghiaccio e al quale viene aggiunta la soda. Per gustarlo al meglio va servito freddo.

Se l’argomento è il whisky, non possiamo che citare Lost in translation, film di Sofia Coppola a Venezia 2003 nella categoria Controcorrente. In un certo senso, è proprio il whisky – nello specifico, il Suntory, un prestigioso marchio nipponico – il pretesto che farà sì che i due protagonisti interpretati da Bill Murray e Scarlett Johansson, incontratisi per caso in un bar di Tokyo, inizino a conoscersi.

Alle bionde piace lo champagne

Lo Champagne Cocktail figura tra i classici contemporanei dell’autorevole lista stilata dall’IBA. Sul fondo di un flute viene adagiato un cubetto di zucchero di canna, poi spruzzato da due a tre dash di Angostura, un bitter a base alcolica ottenuto dall’infusione di alcune piante tropicali. Si aggiungono poi una piccola parte di cognac VSOP – una varietà più ambrata, invecchiata almeno quattro anni – e infine lo champagne brut, versato fino a riempire il bicchiere. 

Si dice che lo Champagne Cocktail sia nato negli anni Trenta, ma in realtà, con un altro nome, faceva già parte del menù di alcuni cocktail bar di New York a fine Ottocento. Lo champagne, invece, non ha certo bisogno di presentazioni. Questo vino frizzante, dorato nonostante sia ottenuto principalmente da tre varietà di uve nere – il Pinot Noir, il Pinot Maunier e lo Chardonnay – è sinonimo di lusso e splendore.
Non a caso, infatti, lo champagne era il drink preferito della diva più sfolgorante di sempre, Marylin Monroe. Stella che quest’anno a Venezia 79 illuminerà il Lido, grazie all’attesissimo biopic di Dominik Andrew, Blonde. In attesa di ripercorrere le vicende della vita tormentata della bella e fragile Marylin, interpretata da Ana de Armas, beviamo alla sua.

Dove bere un buon cocktail in Veneto?

foto Lucilla Dal Pozzo

Come promesso, non possiamo lasciarvi assetati dopo una maratona cinematografica. Ecco qualche suggerimento se avete voglia di perdervi nel mondo dei cocktail o semplicemente di passare una bella serata sorseggiando qualcosa di nuovo:

  • Se siete a Venezia, non possiamo non consigliarvi il Bar Gabbiano, storico cocktail bar dell’Hotel Cipriani, meta preferita dei divi durante il Festival.
  • A Rovigo l’Osteria ai Trani, oltre alla selezione di hamburger gourmet, vi può offrire anche cocktail classici e rivisitati.
  • Dove un tempo a Padova potevate trovare la celebre Gineria, oggi ha aperto il Laboratorio Alchemico, che offre – tra le altre primizie – un’ampia selezione di whisky, anche giapponesi.
  • A Treviso la tappa obbligata è una: il Cloakroom Cocktail Lab, gestito da veri e propri maestri bartender, pronti a servirvi distillati pregiati, tra cui una selezione di gin eccellenti.
  • A Verona dovete provare The Soda Jerk, se siete alla ricerca di una selezione molto curata di drink insoliti (o in lattina).
  • A Vicenza la scuola di formazione per bartender Enjoy! gestisce con grande successo un cocktail bar segreto, il Scrt Club
  • Nel centro di Belluno non potete perdervi lo Speakeasy 1920, che con una lista quasi infinita di cocktail noti e originali punta a catapultarvi direttamente negli anni Venti.

La carta dei drink della vostra prossima soirée ve la offre Assaporami, a voi non resta che l’imbarazzo della scelta. E allora non ci resta che dirvi: alla salute!

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Costruisce aspettativa dal 1993. Tra le nebbie di Rovigo e i portici di Bologna, ho studiato F.S. Fitzgerald e C.G. Jung, letto classici, scritto racconti mai letti. Attualmente lavora nel campo delle preoccupazioni, colleziona libri e saltuariamente si concede un drink. Sushi > pizza.