Perché guardare The Bear, la serie tv per chi è ossessionato dal mondo delle cucine

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Da ormai qualche tempo Assaporami non solo vi consiglia dove mangiare, ma vi porta anche dietro le quinte del mondo della ristorazione con la rubrica Storie d’impresa. Con questo progetto abbiamo cercato di dare nomi, volti e storie ai professionisti che vivono e lavorano sul nostro territorio, portando sulle nostre tavole vere eccellenze e prodotti originali.

Anche quella che vi stiamo per raccontare è in un certo senso una storia d’impresa, perché è questo il tema di The Bear, la serie tv targata FX e disponibile in Italia su Disney +, di cui vi parleremo oggi. Una serie tv sul mondo della cucina vissuto con un alto grado di intensità, uscita in sordina lo scorso giugno, scoperta e osannata dal pubblico a fine estate, oggi nome immancabile tra le candidature ai vari premi per la televisione. Siete curiosi di saperne di più? Vediamo insieme di cosa si tratta.

Di cosa parla The Bear

Unanimemente, The Bear è stata riconosciuta come una delle punte di diamante della scorsa stagione televisiva. Nonostante sia uscita all’inizio della scorsa estate, ha cominciato ad avere la giusta risonanza con qualche mese di ritardo, e si è ufficialmente rivelata negli ultimi tempoi, dopo aver vinto un Golden Globe.

Ma di cosa tratta? E soprattutto, perché ve ne stiamo parlando?

Partiamo con la prima domanda. The Bear parla di relazioni – in questo caso, familiari e professionali. Ma quale serie non lo fa, in fondo?, vi chiederete. Obiezione legittima. Ciò che è interessante in questo caso è che le relazioni sono condite, rimescolate e complicate dal cibo. Sì, perché The Bear parla di cuochi, e li mostra nel loro habitat naturale: la cucina. Che non è tanto un luogo fisico preciso, quanto uno stato mentale, dal quale i personaggi non sembrano uscire mai.

Lo chef

Il protagonista è Carmy “Bear” Berzatto, un giovane e promettente chef italoamericano. All’inizio della serie, Carmy è costretto a lasciare il suo posto nella cucina del più prestigioso ristorante del mondo per tornare nella sua città natale, Chicago. Qui si troverà a prendere in mano The Original Beef of Chicagoland, la tavola calda di famiglia, lasciatagli in eredità dal fratello morto suicida.

Il giovane chef si troverà tra le mani una vera cucina da incubo, molto distante dalle visioni edulcorate e tutto sommato idilliache a cui ci hanno abituati tanti film di Hollywood. Seguiremo Carmy mentre si trova a dover fare i conti con uno staff indisciplinato, la generale disorganizzazione della cucina e l’anarchia gestionale che il fratello applicava ai conti sempre in rosso, coinvolgendo strozzini e crimine organizzato, il tutto sullo sfondo di un quartiere in via di gentrificazione.

Una vera cucina da incubo

Non a caso ho citato Cucine da incubo. Eppure, The Bear è diverso anche da questo tipo di reality, ultimamente molto presente sui nostri schermi. Questo perché, pur essendo una serie tv, e non un documentario, questo show è in un certo modo comunque più realistico.

Siamo inclini a credere a quello che vediamo, e vediamo veramente tanto di quel mondo incredibilmente e spesso insospettabilmente complesso che è la ristorazione. La cucina è la vera protagonista, il palcoscenico di questo spettacolo che procede in modo perpetuo, dalla mattina alla tarda sera, ogni giorno, per garantire al cliente il suo pasto. Un palco veramente piccolo e ristretto, a guardarlo meglio, in cui le emozioni – tante, intense e spesso violente – a malapena evitano di straripare. Ad esempio, guardando il settimo episodio – il penultimo, che funziona come un climax devastante – si ha l’impressione di osservare un frullatore in azione senza coperchio. E lo facciamo con la consapevolezza che strariperà, è solo questione di secondi.

Piatti da sogno

Il primo episodio, invece, è un vero e proprio aperitivo, con primi piani e sequenze capaci di farvi venire l’acquolina in bocca. 

The Bear è una serie che pensa ai dettagli. Dopo aver visto tutti gli otto episodi, ripensandoli uno per uno, probabilmente riuscirete a evocare di fronte ai vostri occhi almeno un piatto per ciascuno. Vi rimarranno impressi i primi piani della casseruola in cui cuoce un massiccio pezzo di carne sfrigolante, la glassa brillante delle ciambelle, il mazzetto di erbe aromatiche messo a sobbollire nel latte candido.

Ma soprattutto ricorderete la ganache al cioccolato della torta a tre strati di Marcus, il pasticcere della brigata, per la sua consistenza golosa, e le “braciole” del fratello di Carmy –fettine di manzo condite con olio e poi ricoperte con generosità da una serie di ingredienti che omaggiano la tradizione italiana – associate a un momento ad alto tasso emotivo.Il montaggio, che spesso punta su sequenze di immagini giustapposte, vi guiderà tra i particolari che infestano le vite dei protagonisti.

Il cibo è ovunque: sulle pareti della cucina su cui Marcus ha affisso le foto delle ricette gourmet di Carmy, nelle vetrine degli altri esercizi commerciali del quartiere, sul bancone e sui fornelli di casa, e persino nei loro incubi. Non si sfugge alla cucina, e il cibo non lascia mai la scena. Perché è un simbolo onnipresente di molte cose – di perfezionamento, di sopravvivenza, di riscatto. E che fortuna osservare un’ossessione che si presenta così appetitosa!

Perché guardare The Bear

Se vi ricordate, poco fa, ci eravamo posti due domande. Dell’argomento di The Bear si è detto molto; ora cercheremo di rispondere alla seconda domanda. 

Perché vi stiamo parlando di questa serie?

La prima ragione è perché, in quanto food-blog, Assaporami riconosce che esistono molti modi per parlare di cucina, food e ristorazione oggi, e The Bear – e in generale i prodotti della cultura pop – è sicuramente uno di questi. La seconda è molto più semplice: The Bear è una serie tv che merita.

Otto episodi da meno di trenta minuti l’uno si succedono a un ritmo sempre altissimo e si fanno gustare con la stessa voracità incontrollata con cui una patatina tira l’altra. Inoltre, siamo di fronte a un prodotto ben confezionato. Tra i consulenti dello show figura la sorella del creatore Christopher Storer, Courtney, che è una chef. Non solo ha curato ogni elemento della messa in scena, dall’aspetto della cucina – fin nei rumori di fondo – al modo in cui gli attori impugnano gli strumenti, ma se guardate sul profilo Instagram della serie potrete anche vederla alle prese con le ricette dello show (ad esempio, qui la ricetta del famigerato panino del primo episodio).

Ogni cosa è fatta con cognizione, e in cucina, lo sappiamo, è la cura che fa la differenza.The Bear è leggera senza essere superficiale, intensa senza essere pesante: scorre giù veloce come un cocktail ben miscelato. Poteva rivelarsi l’ennesima serie su una cucina da incubo, eppure tutto funziona bene. È un po’ come il Long Island: gli ingredienti sono i più comuni, la vera difficoltà sta nel miscelarli in maniera corretta. Quindi, che dire, se non: consumate irresponsabilmente The Bear e correte a bingwatcharvi subito la prima stagione!

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Costruisce aspettativa dal 1993. Tra le nebbie di Rovigo e i portici di Bologna, ho studiato F.S. Fitzgerald e C.G. Jung, letto classici, scritto racconti mai letti. Attualmente lavora nel campo delle preoccupazioni, colleziona libri e saltuariamente si concede un drink. Sushi > pizza.