Un nuovo trend per il 2023: low alcohol e non-alcoholic drink

drink senza alcol

Cari Food Lovers, vi ricordate di quando ordinare un aperitivo analcolico suscitava una generale riprovazione tra gli astanti? O di quando i drink a basso contenuto di alcol erano considerati capricci da preadolescenti un po’ esibizionisti? Beh, quei giorni sono finiti! 

La sobrietà è tornata di moda, e nessuno, nemmeno gli astemi, sarà più costretto a rinunciare all’aperitivo. Sì, perché negli ultimi tempi si sta affermando anche in Europa un trend partito qualche anno fa negli Stati Uniti, che vede il mercato aprirsi ai low alcohol e nonalcoholic drink, ossia bevande a bassissimo contenuto di alcol o totalmente prive di esso.

Chi deve rinunciare del tutto all’alcol o chi vuole semplicemente limitarne il consumo può finalmente bere senza rinunciare al gusto e avere accesso a una vera selezione di proposte, che allunga la lista delle opzioni disponibili non solo al bar e nei negozi dei rivenditori, ma anche nei ristoranti più alla moda. È finita l’era dei succhi di frutta e delle sode, è iniziata quella dei drink spirit free.

Un nuovo trend… ma quanto nuovo?

I drink analcolici, in realtà, non sono certo nati ieri. Già a fine Ottocento, durante la prima età dell’oro dei cocktail, si erano pensate opzioni booze-free per accontentare anche i più morigerati. Ma solo tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento questi drink vengono raggruppati in una vera categoria, a cui viene affibbiato il famigerato titolo di mocktails.

L’aggettivo mock, utilizzato qui per storpiare il nome corrispettivi a base di alcol, significa finto: il mocktail è un cocktail solo per finta, perché sembra alcolico ma non lo è. In alcuni casi, poi, le versioni senza alcol di molti celebri cocktail – come la Piña Colada, il Margarita o il Bloody Mary – si guadagnano l’imbarazzante appellativo virgin.

Ciononostante, i mixologist hanno comunque tentato di dare dignità a questa categoria tanto degradata a livello linguistico, sperimentando con gli ingredienti allora disponibili. Che, trovandoci negli anni Ottanta, sono spesso bevande gassate e zuccherine, all’apice del loro successo.

Perché scegliere drink senza alcol?

Oggi, però, i bisogni che guidano il mercato sono diversi da quelli degli anni Ottanta. Le ragioni che spingono un consumatore a cercare di azzerare il proprio consumo di alcol sono molteplici, e spesso complesse. 

In questi anni, soprattutto grazie ai social, sono in voga iniziative come il Dry January e il Sober October, che promuovono un mese di astinenza dall’alcol. La prima delle due prende piede dopo che il suo ideatore, un imprenditore italoamericano, ha iniziato a parlare della sua esperienza di astensione esaltando gli effetti positivi che aveva avuto sul suo portafoglio e sul suo corpo.

Studi ormai noti hanno dimostrato che l’abuso di alcol, oltre a generare dipendenza, porta a malattie croniche, aumenta l’ansia e contribuisce a un generale senso di stanchezza. Oggi un numero sempre maggiore di persone ha consapevolezza degli effetti del consumo disordinato di alcol, e prende decisioni sulla propria dieta di conseguenza.

Non a caso si è tanto discusso negli ultimi tempi di una nuova normativa proposta in Irlanda, che prevede la presenza, sulle bottiglie di vino prodotte a livello locale, di etichette che avvertono sui rischi connessi al loro consumo. Ma non deve stupire, perché è solo una delle conseguenze di una società che presta maggiore attenzione alla propria salute e ricerca uno stile di vita più sano.

I consumatori, oggi, sono più consapevoli, curiosi ed esigenti: in generale, siamo più attenti a ciò che mangiamo e beviamo. E la richiesta sempre più alta di prodotti a basso contenuto di zuccheri, senza calorie e aromi artificiali, prodotti con pratiche sostenibili, si sposa alla perfezione con le nuove proposte del mondo degli alcolici senza alcol.

Rinunciare all’alcol senza rinunciare al sapore

Ma forse questi motivi non spiegano del tutto la crescita delle vendite dei prodotti zero alcol e la nascita dei relativi settori di mercato. Sì, perché, come abbiamo visto, i mocktails hanno fatto la loro timida comparsa molti decenni fa. La ragione della loro fama controversa è che sono sempre stati considerati una soluzione non troppo soddisfacente a un problema a cui si sta cercando una risposta migliore. 

Mentre il mocktail ha solo l’aspetto di un cocktail, ma non riesce a imitarne il sapore, i prodotti lanciati oggi sul mercato vogliono avere lo stesso gusto, odore e sapore di un cocktail a base di alcol, pur senza contenerlo. Come dice la giornalista Anna Perling sul New York Times, un buon drink senza alcol ha tutti gli elementi di uno che lo contiene: l’equilibrio tra le sue componenti, il giusto bilanciamento tra la parte acida, quella dolce e quella amara, ecco la chiave per un gusto autentico e soddisfacente, al di là delle preferenze personali. 

Chi rinuncia all’alcol non deve per forza rinunciare al sapore e alla qualità: nessuno sarà più costretto a ripiegare su un succo di frutta. Il motto finalmente è diventato: vietato accontentarsi.

drink senza alcol

Come sta evolvendo il mercato

E per non accontentarsi, i consumatori sono disposti a pagare il giusto prezzo. Analcolico non è più obbligatoriamente sinonimo di economico. I prodotti low o no alcohol sono diventati una fetta di mercato sulla quale in molti, incluse le grandi multinazionali, si stanno lanciando.

Secondo i dati statistici raccolti da Nielsen, dal 2015 questo settore è cresciuto del 506%. Si tratta ancora di una fetta molto piccola: ad esempio, negli Stati Uniti la crescita è costante, ma parliamo solo di qualche centinaio di miliardi di fatturato. Ciononostante, le proposte rimangono varie e interessanti: basti pensare che, sempre negli Stati Uniti, tra il luglio 2021 e il luglio 2022 sono stati introdotti 72 tipi di nuovi prodotti con zero alcol. E non parliamo solo di birre: ormai anche i viticoltori e le distillerie puntano a creare la loro proposta alcohol-free.

Qualche esempio dall’estero

In Australia è nata Lyre’s, che produce distillati di altissima qualità, pluripremiati e accolti nei menù dei migliori cocktail bar del mondo. Con gli alcolici non alcolici di Lyre’s – imitazioni di gin, vermut e whisky confezionate in bottiglie esteticamente curate – è possibile creare il 90% dei cocktail più venduti al mondo.

In Francia Le Petit Béret si è invece guadagnato il ruolo di avamposto della produzione di vini alcohol-free. Grazie alla collaborazione con Dominique Laporte, sommelier di fama internazionale, il marchio è riuscito a mettere a punto una nuova tecnica di produzione che non ricorre né alla dealcolizzazione né alla fermentazione, senza rinunciare alle qualità organolettiche dell’uva. Il risultato è un vino senza gradazione alcolica, a bassissimo contenuto di zucchero e vegano.

Tra le altre imitazioni non-alcoliche, poi, non possiamo non citare il Seedlip, distillato analcolico a base di scorze di limone e spezie, in cui l’alcol inizialmente c’è, ma viene in seguito fatto evaporare del tutto. La ricetta proviene da un manoscritto sulla distillazione risalente al 1651 e il suo produttore Ben Branson ha deciso di perfezionarla, lavorandoci nella fattoria di famiglia, dopo aver sperimentato tutta la delusione di vedersi abbinato a un buon pasto in un ristorante di Londra un mocktail sciapo e deludente. Non tutto il male vien per nuocere.

Aperitivo per tutti

Insomma, se prima erano innominabili, quasi nascosti sui menù e talmente pochi da poter essere tenuti a mente dai camerieri senza troppa fatica, oggi i drink spirit free si sono conquistati il loro posto al sole.

Non più stigmatizzati, non più virgin e nemmeno mock, ora i drink senza alcol sono promossi da garanzie di qualità, ricette curate dai migliori mixologist e dalla buona nomea dei loro produttori. E pian piano anche i ristoranti cominciano a mettere a punto una valida proposta di bevande senza alcol da conciliare scientemente con i loro menù.

In Italia magari siamo arrivati un po’ in ritardo – anche per colpa dei noti problemi legati alla regolarizzazione di un settore nato troppo in fretta – ma vi assicuriamo che da oggi nessuno dovrà più rinunciare ai piaceri di un buon aperitivo in compagnia.

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Costruisce aspettativa dal 1993. Tra le nebbie di Rovigo e i portici di Bologna, ho studiato F.S. Fitzgerald e C.G. Jung, letto classici, scritto racconti mai letti. Attualmente lavora nel campo delle preoccupazioni, colleziona libri e saltuariamente si concede un drink. Sushi > pizza.