Giorgio è un imprenditore di 23 anni che è riuscito con la sua pasticceria a Padova a regalare la “sud experience”. Nella sua pasticceria in via Michele Sanmicheli 1 è possibile assaporare maritozzi, pasticciotti leccesi, brioches…e tanto altro!
La Pasticceria San Michele è molto di più. Famiglia, voglia di farcela, innovazione, attenzione al cliente, coinvolgimento, maritozzo, brioche, una community di 7.000 follower sui social: queste sono solo alcune delle cose che li rendono unici.
Noi di Assaporami Food Lovers abbiamo fatto quattro chiacchiere con Giorgio e il suo staff “terrone”: Cristina, Rosita e Sanda. Abbiamo scoperto cosa è importante per loro, come fanno imprenditoria e la chiave del successo di Pasticceria San Michele “Sud Experience”.
Leggete l’intervista per scoprire cosa sono le briochine e perché la comunicazione può rivelarsi fondamentale nel successo di un’idea di impresa.
Cos’è la Pasticceria San Michele, cosa significa “sud experience”? Raccontaci un po’ la storia della tua impresa.
Abbiamo aperto l’attività più di 8 anni fa (il 13 giugno 2022 sono 9 anni) non sapendo bene che cosa c’era da fare: abbiamo iniziato senza un vero business plan da rispettare. Era un progetto di famiglia e ci siamo approcciati dicendo “vediamo cosa succede”. Per quattro anni l’abbiamo gestito a modo nostro e faceva praticamente tutto mia madre. Non è sempre facile gestire un’attività di famiglia, ne abbiamo passate tante. Nel lungo periodo, secondo me, danno però molta più soddisfazione perché è il senso d’amore della famiglia che ti fa andare avanti nei momenti più difficili. In questi quattro anni ci siamo fatti conoscere nella zona, ponendo le basi per quello che siamo ora. E nel mentre io ho maturato l’esigenza di fare qualcosa di mio, di più grande. Da bar degli studenti, bar di quartiere siamo diventati Pasticceria San Michele. Perché proprio “San Michele”? Nel 2013, quando abbiamo aperto, è venuto a mancare mio nonno. Nello stesso periodo si stava pensando al nome del locale. Alla fine ci siamo accorti che avevamo sottomano il nome: siamo via Michele Sanmicheli, io come primo nome faccio Michele e mio nonno si chiamava Michele. Quindi il locale è dedicato a mio nonno, ma anche a tutta la famiglia perché qui c’è una parte di ognuno di noi.
Quindi è il senso di famiglia che definisce la Pasticcera San Michele?
Completamente, ma non solo in senso stretto. Anche con lo staff si è creato un senso di appartenenza. Si lavora per uno stipendio, certo, ma non ci si limita solo a quello. Abbiamo in mente lo stesso obiettivo, andiamo insieme nella stessa direzione. Perché da soli non si arriva da nessuna parte e se non hai qualcuno con cui condividere il successo (e anche gli insuccessi) sembra di andare avanti senza un vero scopo. Sentirsi in famiglia significa condividere preoccupazioni, problemi, le cose meno belle e sapere che si può contare su qualcuno.
E invece cosa significa “Sud Experience”?
Noi siamo pugliesi, nati e cresciuti in Puglia. Quando abbiamo aperto i clienti hanno subito apprezzato il nostro modo di accogliere e ascoltare: mia mamma si è sempre presa preoccupazione che, di norma, sono inconcepibili per un barista! C’è sempre stata questa voglia di dedicare almeno cinque minuti a ogni cliente, in modo spontaneo e non costruito, perché c’era appunto l’occasione e la voglia di farlo. Un cliente che fa colazione da noi prende un caffè e una brioche e fa colazione con noi, non da solo. Questa è la “Sud Experience”, che non finisce una volta usciti dal locale: continua sui social, con messaggi su WhatsApp…
La vostra identità come locale è molto forte. Cosa ci puoi raccontare del logo?
Nel 2018 ho iniziato a sentire la necessità di fare qualcosa di mio, con un’identità forte. Anche il logo quindi rientra in questa prospettiva. Prima ho provato da solo, con software tipo Canva, da grafico improvvisato, creando dei risultati che all’epoca mi sembravano buoni: ripensandoci ora mi rendo conto che invece erano fallimentari. Avevo un amico fotografo che mi suggerì di rivolgermi a dei tatuatori perché sono dei bravi illustratori. Ho seguito il suggerimento e ho preso in simpatia uno studio di tatuaggi vicino al negozio. Una ragazza ci ha preparato un logo che è diverso da quello che c’è oggi, ma l’essenza rimane la stessa. Quello originale era pieno di dettagli, tra i quali anche la moka a forma di casa. Per noi era importante far capire il senso di famiglia e questo logo ricco di dettagli trasmetteva la nostra energia. Poi a livello pratico ci siamo accorti che era troppo complesso, impossibile da stampare, anche sul cibo. Allora ci siamo affidati a un grafico che ha fatto un lavoro di rebranding rendendo il logo più essenziale possibile, perché noi comunicavamo già in modo molto chiaro tutti i nostri valori sui social.
Come sei riuscito a costruire una community così affiatata, che interagisce con te tutti i giorni?
Penso di esserci riuscito facendo quello che mi ha sempre insegnato mia madre, e cioè quello che lei ha sempre fatto offline. Quando abbiamo riaperto con il locale rinnovato, i miei genitori non capivano perché io stessi così tanto al telefono, perché era così importante raccontare continuamente il nostro lavoro. Dedico molto tempo alla community online perché mi piace: sono un chiacchierone! Inoltre penso che se investi tempo nel comunicare la tua attività, a spiegare la difficoltà del tuo lavoro, a raccontare tutta la passione che serve per andare avanti, allora i tuoi clienti capiranno meglio il tuo prodotto e saranno i primi a dare il giusto valore alla tua attività. Ad oggi siamo 7000 brioscine – che è il nome che ho dato alla mia community! Perché nel 2018, quando abbiamo iniziato, io sapevo che bisognava dare un nome a tutto questo. E ora abbiamo anche del merchandising per le nostre brioscine. Abbiamo fatto anche dei raduni!
Secondo te, quanto è importante la comunicazione? Un locale può esistere senza la comunicazione?
Forse sì. Un bar piccolo, di quartiere, dove non ci sono dipendenti, in cui il titolare fa tutto e non ambisce a lavorare più delle otto ore al giorno, può esistere senza comunicazione. Però se hai un progetto, se lavori con un obiettivo – che non è quello di fare tante soldi! Togliamoci dalla mente che gli imprenditori sono pieni di soldi, perché se hai tanti soldi è perché la tua giornata lavorativa non finisce mai (ride, ndr). Io amo estremamente il mio lavoro e mi piace farlo sapere alle persone. Raccontare la tua attività significa raccontare i tuoi valori. I clienti poi si affezionano perché entrano nella giornata e capiscono, ad esempio, cosa c’è dietro a una brioche: la scelta della farina, della crema, i vari passaggi per fare l’impasto, e così via. Quando vedono poi il costo finale della brioche forse capiscono che 1,5€ non è così spropositato come costo, rispetto al lavoro che c’è dietro.
Come avete superato questi due anni di pandemia? Come è andata con il primo lockdown? So che avete agito velocemente, strutturando un servizio di delivery che poi è sfociato in un sito ecommerce.
Come tutti abbiamo avuto paura, tanta. Siamo vicino all’ospedale e i medici che passavano, già a Febbraio 2020, ci hanno consigliato di chiudere. Infatti siamo stati i primi a farlo. Non è stato facile: eravamo io, mamma, papà e due dipendenti. Gli stipendi andavano pagati. Siamo stati un mesetto a casa facendo quello che hanno fatto tutti: il pane (ride, ndr). Finché un giorno, vicino a Pasqua, non mi arriva un messaggio da una nostra cliente affezionata: Michela, mamma di due bellissimi gemelli. Ci ha chiesto se avremmo potuto farle la pastiera. Decidiamo di farla, io faccio qualche foto e la metto su Instagram: c’è stato un vero boom! Improvvisamente tutti volevano la pastiera per Pasqua. Alla fine abbiamo fatto 60kg di pastiera.
Come siete riusciti a gestire tutto questo?
Per gestire tutti gli ordini ci siamo dovuti organizzare in fretta: abbiamo tolto tutto l’arredo della sala del locale. Abbiamo messo tre computer: uno gestiva Instagram, uno Facebook e uno Google. La sala è diventata anche la zona di produzione, perché arrivavano ordini da tutta la provincia di Padova! È stato un periodo bruttissimo, ma noi siamo riusciti ad arrivare dove non è arrivata nessun’altra pasticceria a Padova, quindi questo momento ci ha aiutati a crescere. E non ci siamo fermati solo alla pastiera, portavamo a casa anche la colazione, per esempio. Siamo riusciti a organizzarci così in fretta e in modo efficace perché era già da tempo che si pensava a implementare il delivery, però non avevamo ancora trovato la giusta soluzione. Grazie al mio ex fidanzato ho girato un po’ tutta l’Europa e sono rimasto colpito di come, in città come Londra, sia diffuso il take away o il delivery. Quello che facciamo qui al San Michele, con l’ecommerce e il delivery, è di portare la nostra “Sud Experience” a casa del cliente. Per questo ci teniamo a consegnare noi direttamente: con la consegna il cliente deve vivere la stessa esperienza che ha quando viene al locale e quando interagisce sui nostri social. Siamo riusciti a creare tutto questo perché siamo una squadra e ci supportiamo. Da soli non si va da nessuna parte.
Secondo te cos’è che fa di una persona un imprenditore di successo?
Io sono fortunato perché sembro quel ragazzo giovane che fa l’imprenditore, ma dietro di me ci sono un sacco di persone che mi aiutano e mi sostengono. Mia madre, mio padre, Cristina (la responsabile della sala, ndr) che mi aiuta da una vita. E ci sono tutte le altre ragazze dello staff, Rosita e Sanda. Per essere un imprenditore di successo il supporto e l’unione sono fondamentali. È importante ascoltare il cliente, capirlo. Perché le sfaccettature possibili sono veramente tante, e solo ascoltando e cercando di essere inclusivo potrai dare sempre qualcosa in più. Un imprenditore per essere di successo deve mettere insieme tanti aspetti diversi, in modo coerente, trovando la propria chiave di lettura.
Guarda il video dell’intervista sul nostro canale YouTube e approfondisci ancora di più la storia di Pasticceria San Michele Sud Experience.
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